La presenza dell'uomo in Toscana risale a
tempi molto antichi, come è testimoniato
dai resti (testa) dell'«uomo
dell'Olmo» con aspetti di Homo
sapiens, reperiti nel 1863 entro un
livena argillaceo del Pleistocene medio,
all'Olmo in Val di Chiana presso Arezzo; e dai resti scheletrici
dell'«uomo del Baccinello»
ritrovati nel 1958 in un giacimento di
lignite, databile al Miocene superiore,
presso il Baccinello (Grosseto).
La cultura mousteriana è documentata da
numerosi oggetti in pietra, reperiti all'
esterno presso Firenze ed entro
caverne (grotta dell'Onda presso Equi,
ecc.). Esistono inoltre tracce delle
popolazioni del Paleolitico superiore
dedite alla caccia e alla raccolta:
oggetti in pietra nella caverna del
Gellino presso Talamone. Al
Neolitico sono assegnati gli strati
superiori di alcune grotte delle Alpi
Apuane e a una fase arcaica della
civiltà del bronzo è attribuita la
tomba a fossa di inumato di Battifolle presso Cetona. Alla fase finale
della civiltà del bronzo appartengono le
stele antropomorfe della Lunigiana con figure maschili armate di pugnali
triangolari.
Conquistata, con il resto dell'Italia,
successivamente da Odoacre, dagli Ostrogoti e dai Bizantini, fu nella seconda
metà del sec. VI occupata dai Longobardi,
sotto i quali mantenne la sua unità,
essendo stata organizzata in ducato con capitale Lucca;
anche la conquista carolingia non
mutò immediatamente la situazione, in
quanto Lucca rimase la capitale
della contea che i Francesi fondarono in Toscana,
e che nel 1812 affidarono a Bonifacio, i
cui discendenti ressero il paese sino
alla prima metà del sec. X, anche quando la Toscana divenne una marca,
successivamente unita alla marca di Canossa.
Con il sec. XI iniziarono in profonde
trasformazioni economiche (sorgere della
piccola proprietà fondiaria a danno del
latifondo, inizio di attività mercantili
e industriali) e politiche (conseguimento
delle prime autonomie cittadine), il cui
risultato fu un'intensissima vita
comunale. Dapprima Lucca conservò una certa prevalenza sulle
altre città, ma ben presto essa fu
soppiantata da Pisa, la cui
decadenza iniziò con il sec. XII, in
seguito alle sconfitte subite a opera di Genova e di Firenze. Fu quest'ultima
che riuscì, attraverso lunghe lotte, a
unificare buona parte della regione, in
quanto, alla fine del sec. XV
conservavano la loro indipendenza solo Siena e Lucca: Pistoia, Arezzo,
la stessa Pisa, e molti altri
centri minori, avevamo dovuto piegarsi a
riconoscere la sovranità fiorentina.
La costituzione di Alessandro dei Medici
(1532), nominato signore della repubblica
fiorentina da Carlo V, gettò le
prime basi dello Stato regionale. Il
processo unificativo fu completato da
Cosimo I, dal 1537 «capo primario
del governo della città di Firenze e suo
dominio», con la vittoria su Siena da un lato, riforme politiche,
amministrative, giudiziarie e finanziarie
dall' altro. Nel 1569, Pio V creò il granducato,
da cui rimanevano esclusi Massa e Carrara, Lucca, Piombino, lo Stato
dei Presidi e la contea di
Pitignano.
La politica filofrancese di Ferdinando I
(1587-1609) inserì il granducato nella
politica europea; all'interno fu
incrementata l'agricoltura con vaste
opere di bonifica. Con la fiacca azione
politica di Cosimo V (1610-21), del
Consiglio di reggenza (1621-28), poi di
Ferdinando II (1628-70), il paese andò
sempre più decadendo. La dinastia
medicea si estinse con Giangastone nel
1737. Dopo la guerra di successione
polacca, il granducato fu assegnato a
Francesco-Stefano di Lorena.
La nuova
dinastia iniziò in tutti i campi un'
attività illuminata di riforme, che
promossero un'intensa ripresa delle
iniziative economiche e amministrative.
Con Pietro Leopoldo (1765-00) si ebbero
bonifiche e il ripopolamentodi zone
malsane; l'agricoltura venne favorita con
la formazione della proprietà privata;
si tenne conto delle autonomie locali
nell'amministrazione; si soppressero i
vecchi sistemi inquisitori nella
magistratura; furono realizzate riforme
ecclesiastiche, ispirate da Scipione de'
Ricci, vescovo di Pistoia, promotore di
un movimento giansenista di larga eco in
Toscana.
La dinastia lorenese ebbe assegnata la Toscana dal trattato di Vienna (1738), che
concluse la guerra di successione
polacca; essa governò la regione fino al
1859, tranne che durante il periodo
napoleonico, durante il quale la dapprima
costituì, per qualche anno, il regno
d'Etruria e poi venne ammessa all'Impero
francese. Con la Restaurazione, il
granduca Ferdinando II vi stabilì un
mite governo che permise che a Firenze si rifugiassero esuli perseguitati in
altre parti d'Italia, come Tommaseo,
Colletta, D'Azeglio; anche per questo
motivo la città divenne vivace centro
di cultura a carattere liberale e
cattolico.
Rimase, proprio per la mitezza del
governo Modenese, estranea ai moti di
indipendenza dei primi decenni
dell'Ottocento, mentre notevole
diffusione vi ebbe il mito neoguelfo;
studenti e professori, volontari,
parteciparono alla prima guerra
d'indipendenza battendosi con grande
valore a Curtatone e a Montanara (29 mag.
1848). Prevalsero, nel 1849, gli elementi
radicali: costretto a fuggire il granduca
Leopoldo II, a Firenze fu instaurata la
dittatura del Guerrazzi.
Il granduca fu ricondotto a Firenze dall'
esercito austriaco e ciò gli alienò le
superstiti simpatie di cui godeva. Allo
scoppio della seconda guerra
d'indipendenza (nel 1859), Leopoldo
II veniva costretto da un moto popolare
ad abbandonare definitivamente Firenze e la Toscana dopo un periodo di
dittatura di B. Rioasoli, a nome di
Vittorio Emanuele II, la regione votava
l'annessione al regno sabaudo,
con il plebiscito del 15 mar. 1860.
Marca della Toscana
Sorta sotto l'impero carolingio per la difesa delle coste dalle scorrerie
musulmane, comprendeva, oltre la Toscana,
parte della Liguria, avendo per
capitale Lucca. Ma, con la
creazione nella parte settentr. di nuove
marche, la marca di fu limitata alla
regione, e la capitale fu trasferita a Firenze.
Corrado II l'unì alla marca di
Canossa, per cui si creò una vasta
e potente unità politico-territoriale al
centro dell'Italia, che però andò
gradatamente indebolendosi, dopo la morte
della contessa Matilde, soprattutto per
il sempre più rapido affermarsi delle
autonomie comunali, finché nel sec. XIII
i marchesi scomparvero, sostituiti da
vicari imperiali.