I dialetti della Toscana costituiscono un gruppo autonomo. La
distinzione è netta rispetto ai dialetti
settentr., più sfumata rispetto a quelli
centromerid. (le differenze sono minori e
il passaggio da un tipo all'altro avviene
per gradi; in ogni caso, i tratti più'
genuinamente meridionali non penetrano in Toscana.
L'alto grado di fedeltà al latino di
Roma, carattere comune ai dialetti
toscani, dipende dal fatto che la lingua
degli Etruschi, per la sua completa
diversità, non poté esercitare alcuna
influenza sul latino dell'Etruria conferendo gli una coloritura regionale,
come accadde invece nella stessa Roma dove il latino parlato subì influssi
Tosco-umbri. Tuttavia, è da ricordare
che alcuni studiosi attribuiscono il
fenomeno della gorgia toscana all'influsso del sostrato etrusco.
Considerati nel loro insieme i dialetti toscani si distinguono da quelli
italiani per i seguenti caratteri:
1) mancanza di metafonesi (per cui
si ha véro, véra, vére, véri senza
alterazione della vocale tonica per
influsso della vocale finale);
2) limitata sonorizzazione delle
consonanti sorde intervocaliche (amico, ma lago; vita, ma spada; nel
Settentrione la sonorizzazione è
sistematica, mentre nel Meridione si
conservano le sorde, sia pure intaccate
talvolta da una lenizione più recente);
3) passaggio di riga + (paiolo);
4) passaggio di si a b o z (kamisa, cilièza);
5) dittongamento delle vocali latine
fi, o toniche e in sillaba libera in iè,
fio (piètra, ma tèrra, buòno, ma
pòrta); negli altri dialetti italiani il
dittongamento, quando appare. dipende in
genere dalla metafonesi;
6) passaggio di e protonica a i (ritorno, difendo);
7) la terminazione iàmo della 1a pers.
p dell'ind. preso comune a tutte le
coniugazioni;
8) la terminazione in ci per la 1a
pers. sing. del condiz. pres. (vorrèi, sentirèi; gli altri dialetti
hanno ébbi, àve, ìa). Ouesti caratteri
sono entrati nella lingua letteraria
italiana. La gorgia è fenomeno
esclusivo ,della Toscana, ma non di
tutta; inoltre non è documentata prima
del sec. XVI.
Altri fenomeni che caratterizzano
i dialetti toscani rispetto agli altri
dialetti italiani sono:
1) la mancanza di vocali turbate o e il e
di vocali evanescenti;
2) la conservazione delle vocali finali
latine;
3) l'opposizione tra consonanti semplici
e intense (quest'ultime assenti nel
Settentrione);
4) la conservazione dei nessi mb, nd e
nasale + cons. sorda (contro gli esiti
mm, nn, nasale + cons. sonora i quali
sono propri dell'Italia centromerid.);
5) la continuazione del lat. i davanti a
voc. e eh davanti a voc. palatale con
eeiudice, eente) di fronte all"esito
settentrionale z e meridionale i;
6) la riduzione delle finali u e o
all'unico esito o (amico, lat. amicus,
come amando, lat. amando).
Prima della diffusione del fiorentino che
ha operato un generale livellamento, i
dialetti toscani sulla base dei più
antichi documenti scritti si possono
suddividere in quattro sottogruppi:
Il fiorentino si distingue dagli
altri dialetti per due tratti
caratteristici: l'anafonesi (che appare
anche nel toscano occid.) e il passaggio
di ar atono a er (amerò, povero,
mareherita).
Il senese antico si distingue per
la mancanza di anafonesi (foneo, léneua)
e per la presenza di ar atono originario
(amarò) e proveniente da er (credare,
credarò).
Questi caratteri si ritrovano nel toscano
orient. antico, dove si ha an che il
tipo verbale fossaro «fossero»
e dove inoltre l'e protonica è
conservata (retorno, defendo).
L'aretino-cortonese ha tratti
particolari: mancanza del raddoppiamento
sintattico e palatalizzazione della a
tonica, accolta in una fase recente dall'
emiliano-romagnolo (stato per stato).
I dialetti occidentali differiscono dal
fiorentino per una più estesa
sonorizzazione (poeo per poco), per la
presenza di s sorda in luogo di z sorda
(pisano e lucchese: farsa, piassa) e per
forme verbali particolari. Ai giorni
nostri i tratti caratteristici dei tre
sottogruppi toscani diversi dal
fiorentino si sono notevolmente
affievoliti per il diffondersi del tipo
fiorentino: soltanto l'aretino conserva sensibili differenze rispetto al
fiorentino, mentre gli altri dialetti ne
differiscono soprattutto per
l'intonazione e per particolari poco
rilevanti.
La lingua italiana deriva la sua struttura fonetica e morfologica e una
gran parte del suo patrimonio lessicale
dal fiorentino dei primi secoli,
elevato a grande prestigio letterario per
l'opera di Dante, Petrarca e Boccaccio. Il fiorentino ha
subito mutamenti soprattutto nel corso
del sec. XVI e del sec. XIX: alcuni hanno
fatto soltanto una temporanea apparizione
nella lingua comune (p. es., i tipi:
stiavo per schiavo, bòno per buòno),
altri invece sono rimasti (io pensavo,
non più io pensava, faeiolo, spagnolo,
non più fagiuolo, spagnuolo). Per il
problema dei rapporti tra italiano e
fiorentino dal Trecento ai nostri giorni.