Le civiltà paleolitiche sono
documentate da alcuni raschiatoi di tipo
musteriano rinvenuti nei terreni
alluvionali del Santerno e
presso Lesignano. La scultura è
attestata da una statuetta a tutto tondo,
che riproduce una figura femminile con la
accentuazione delle parti rotonde. E' uno
degli esempi delle cosiddette «Veneri
steatopigiche» del periodo
aurignaziano (c. 30.000 anni) rinvenute
in Europa. Le civiltà agricole (dal IV
millennio c. a. C.) sono documentate con
le culture di Chiozza di Scandiano e del Pescale, presso le quali
fu in uso la ceramica e i manufatti in
pietra levigata.
Alla civiltà dei metalli si passa
molto lentamente al Cuprolitico (dal 2000
c. a. C.) è noto attraverso i corredi
dei sepolcri del bosco di Malta nel
Bolognese, di Cumarola e
della cultura di Remedello che
si estende anche nell'Emilia settentr. Il
bronzo è molto diffuso presso,
quell' aspetto proprio della regione
emiliana noto come cultura
terramaricola (dal sec. XV a. C. in poi).
Si caratterizza soprattutto per il tipico
villaggio di capanne cinte da un argine
di pali o innalzate su un tavolato ligneo
poggiante su una specie di grande
gabbione con le pareti fatte di pali. Non
si conoscono esempi del genere in alcuna
parte del mondo. Tale tipo di costruzione
si giustifica per la natura geologica
della valle padana soggetta a
frequenti inondazioni.
I terramaricoli erano agricoltori,
pescatori e metallurgi. La lavorazione
del metallo avveniva in loco e le
materie prime (rame, stagno) venivano
importate dall'Europa centro Si
fabbricavano falci, pugnali, spilloni,
asce, scalpelli. Di fronte allo sviluppo
della metallo tecnica e dei suoi
prodotti, la ceramica conserva, invece,
forme e impasti rudimentali. L'uso di
cremare il cadavere e di raccogliere le
ceneri in urna fittile si diffonde ora
per intensificarsi nel successivo periodo
della civiltà villanoviana, cosi
denominata dal cimitero a cremazione di Villanova
presso Bologna. Caratteristica ne è
l'urna fittile biconica decorata a
disegni geometrici ove vengono raccolti i
resti delle ceneri del defunto.Le terramare furono usate fino ai tempi
romanobarbarici.
Il nome Aemilia, per indicare l'VIII
regione d'Italia al tempo di Augusto,
derivante dalla via omonima che
l'attraversa, compare alla fine del sec.
I d. C. Insieme alla Liguria,
nel sec. IV d. C. formò una provincia
consolare.
Centri principali erano: Ariminum
(Rimini), Caesena, Forum Populi
(Forlimpopoli), Forum Livii (Forlì),
Bononia (Bologna), Mutina (Modena),
Regium Lepidum (Reggio), Parma, Ravenna.
La provincia subi invasioni da parte di
Longobardi e Bizantini. Dal sec. IV la
regione, una volta comprendente anche le
città liguri, fu ridotta ai limiti
attuali. L'invasione longobarda,
nella seconda metà del sec. VI, le
causò molte rovine, tuttavia tutte le
città, tranne Modena, due
secoli dopo risorsero.
Questa rinascita è provata anche dalla
fondazione dei due monasteri benedettini
di Bobbio (612) e Nonantola (753) e dall'affiorare di qualche
famiglia importante (come i Supponidi).
Il fatto che nel sec. IX gli scolari
emiliani dovessero recarsi a Cremona per trovare scuole (rilevato da un
capitolare di Lotario dell'825) può
essere anche prova di rinnovato fervore
di vita. Comunque è certo che nei primi
anni del sec. XI, almeno Parma aveva una scuola fiorente.
La nuova ripresa va collocata sullo
sfondo della vitalità esplosa con la
lotta per le investiture, che trova
famiglie ormai potenti (come gli Attoni)
e vescoviconti schierati dalla parte
imperiale. Alla propensione filoimperiale
si contrappone poi la nascita del comune
in varie città nella prima metà del
sec. XII: a Piacenza, a Modena,
a Reggio e a Parma,
sotto l'egida di vescovi ligi al papato;
ciò nonostante ben presto questi comuni
saranno guadagnati al ghibellinismo e
presteranno valido aiuto alla politica
imperiale. In questo clima avviene
altresi l'affermazione degli Estensi a Ferrara.
Ma Parma rompe la regola nel
1247 e provoca il crollo di Federico II
di Svevia; successivamente la vittoria di Carlo d'Angiò (1266) segna il
definitivo trionfo del guelfismo anche in Emilia, nonché la decisa
affermazione degli Estensi con Obizzo II.
Ne derivò quella situazione frammentaria
che impedì. il processo di unificazione
signorile della regione.
Infatti coi Visconti, signori dell'intera Lombardia, gli Estensi dovettero
poi dividere il dominio dell'Emilia,
tenendo per sé solo Modena e Reggio,
dopo che perdettero Parma,
precedentemente conquistata nel 1409.
Cosi, per tutto il sec. XV, l'Emilia venne divisa tra gli Estensi e i signori
di Milano.
Unita alla Repubblica Cispadana (1796) e a quella Cisalpina (1797) nel periodo napoleonico, e poi al Regno
d'Italia, la regione tornò, con il congresso
di Vienna, ai suoi antichi sovrani: Parma e Piacenza, affidate a Maria
Luisa d'Austria, moglie di Napoleone,
sarebbero dovute tornare ai Borbone alla
morte di lei. Congiure e moti
carbonari vi furono frequenti e
sanguinosi. Nel 1831 insorsero Modena, Parma e la Romagna; nel
1848 insorsero Bologna e i
ducati, che votarono l'annessione al Piemonte ma, dopo la sconfitta piemontese, gli
Austriaci rimisero sul trono i vecchi
sovrani; nel 1859-60 i principi e gli
Austriaci vennero cacciati e L. C. Farini
fu nominato dittatore della regione, che
votò l'annessione al Regno d'Italia.
Il fondo anticlericale, repubblicano,
socialista di tutta la regione e in
particolare della Romagna fu
confermato più volte durante la storia
dell'Italia unita e dette spesso origine
a sanguinose fazioni prima dell'avvento
del fascismo; nel corso della seconda
guerra mondiale la parte appenninica
della regione fu attraversata dalla
cosiddetta «linea gotica» e
dal settembre 1944 all'aprile 1945 tutta
la zona fu teatro di operazioni militari
alleate, validamente appoggiate e
sostenute da formazioni partigiane.
Dopo la Liberazione l'Emilia Romagna è
stata la più accesa nella lotta
politica: notevole, nelle consultazioni
elettorali, la prevalenza delle forze di
sinistra, superiore a quella di ogni
altra regione, italiana.