L'importanza dell'artigianato
nel Lazio,in
particolare a Roma, si evince osservando la toponomastica della città,
quella dei quartieri più
antichi della capitale in special modo. Le vie dedicate una volta ai
vari mestieri fa intuire
come a partire da Medioevo, gli artigianim, che si riunivano in Università e Confraternite
tendessero ad aprire le loro botteghe
l'una vicina all'altra, per una sorta di solidarietà
di mestiere e per avere una maggior disinvoltura nell'
approvvigionamento delle materie prime.
Ecco allorai le vie dedicate ai fabbricanti
di balestre, ai canestrai a chi
costruiva valigie o cappelli, e ai "catinari", ai
"cestari" e ai fabbricanti
di chiavi e serrature, ai barbieri,. E poi ancora chiodaioli,
cimatori, falegnami,
"giubbonari",
"pianellari", "sediari".
Pochi sono ormai gli eredi di queste tradizioni. Spesso gli eredi di queste tradizioni artigiane hanno mutato il loro lavoro adeguandolo alle necessità attuali. Come nel caso degli artigiani
del ferro battuto e dell'ottone,
che ormai si sono specializzati nella
produzione di complementi d'arredo. Qualcosa però è rimasta: alcune lavorazioni di nicchia, molto richieste da una clientela dalle ottime possibilità economiche. E' il caso, ad esempio, del restauro di
arazzi, mobili, antichi strumenti
musicali.
Civita Castellana, è l'esempio di quanto avviene fuori da Roma. Civita Castellana è da secoli polo artigianale di
grande importanza per l'arte della
ceramica. Ora ha abbandonato le botteghe
per diventare un polo industriale nel
settore dei sanitari. Si trovano però
ancora molti maestri nell'arte del
rame sbalzato fra Bomarzo,
Civita, Tivoli e Subiaco. Sempre a
Subiaco, nel cui castello nacque Lucrezia
Borgia, si producono ancora tessuti
rustici, mentre ad Arpino, in
provincia di Frosinone, patria
di Cicerone, non si è persa la
tradizione delle terrecotte e
delle statuine da presepe. A Cori,
invece, in provincia di Latina, si
lavorano ancora le fibre vegetali,
soprattutto per produrre sedie
impagliate.
Roma mantiene comunque il
primato del più antico, popolato e
conosciuto mercato delle pulci nazionale.
È quello domenicale di Porta
Portese, talmente caratteristico
da essere spesso citato nei romanzi
popolari, nelle sceneggiature
cinematografiche o nei testi delle
canzoni di musica leggera. Nato nel 1700,
sui banchi del più famoso mercatino
italiano si può trovare davvero di
tutto: il nuovo e l'usato, antiquariato
e modernariato, oggetti e
abbigliamento, ma anche generi
alimentari, artigianato e falsi d'ogni
genere (dichiarati, il più delle volte,
come nel caso di orologi, pelletteria e
articoli di moda).
L'immensità del mercatino si associa alla mole immensa di persone che lo frequentano nel tipico orario dei veri
mercatini delle pulci: apre prestissimo
la mattina (molti mercanti sono in strada
anche prima dell'alba) e chiude verso le
due del pomeriggio. La fama e il grande
afflusso di merci di questo mercatino
tornano hanno in un certo senso
calamitato a Porta Portese praticamente tutta l'attività del brocantage
laziale.
La maggior parte degli espositori sono
veri e propri rigattieri, una
categoria in via d'estinzione nella
maggior parte dei mercatini italiani.
Altro interessante appuntamento, questa
volta ben oltre il semplice bricàbrac e ambientato in provincia, è quello di Campagnano (Roma), ogni ultima domenica del mese:
merce di buona qualità e molta
suggestione sono protagoniste dei banchi
degli antiquari sistemati lungo le vie di
questo borgo medioevale.