Storia della Sicilia


Sicilia >>

Preistoria e storia della Sicilia



Storia della Sicilia

Preistoria e storia della Sicilia

L'uomo comparve in Sicìlia alla fine del Pleistocene, durante uno stadio piuttosto avanzato della glaciazione di Wiirm. Non vi esistono manufatti litici di impronta mousteriana e del Paleolitico inferiore. Numerosi sono invece i giacimenti del Paleolitico superiore: a San Teodoro (Messina), a Trapani, nell'isola di Levanzo e nella parte sudorientale dell'isola. I manufatti del Paleolitico superiore della appartengono all' Aurignaciano superiore. Il giacimento preistorico di Fontana Nuova (Ragusa) è il solo databile all' Aurignaciano medio.

Si considerano mesolitici i giacimenti di Termini Imerese e di Corrugi di Pachino. La civiltà neolitica più antica del territorio siciliano è quella di Stentinello, estesa a tutta la con minime diversità locali, le cui caratteristiche sono: accampamenti muniti di opere di difesa, ceramica decorata distinta in due classi (l'una rozza, con forme «aperte». l'altra con intagli riempiti di gesso bianco, rappresentata da forme tonde a base convessa).

Tra il III e II millennio a. C. la Sicilia orientale fu attratta nell'orbita delle culture egeoanatoliche a ceramiche dipinte, mentre sulle coste si insediò una corrente agricola di tipo balcanico proveniente dall'Apulia. La civiltà che ne derivò è detta di Castelluccio, dal luogo del più importante rinvenimento, e corrisponde al primo periodo siculo di P. Orsi: è diffusa nei territori di Siracusa, di Comiso e di Gela. Nelle regioni occidentale dell'isola si risvegliò la vecchia cultura di San Cono attraverso la cultura della Conca d'Oro, in cui appare il vaso campaniforme di origine iberica. Sotto questa influenza si sviluppò nella Sicilia nordoccidentale la ceramica a incisioni parallele e a strisce (stazioni preistoriche di Isnello, e Torrebigini).

L'età del bronzo, corrispondente al secondo periodo siculo dell'Orsi, è attestata da importanti sepolcreti con tombe scavate nella roccia. Il terzo periodo siculo corrisponde invece all' età del ferro ed è caratterizzato da villaggi di capanne e sepolcri a pianta quadrangolare. Il quarto periodo si sviluppò in tempi ormai storici.

Antichità classica. L'isola, detta dai Romani Triquetra, fu abitata dai Sicani, nella parte occid., e dai Siculi in quella orientale: due nomi che secondo alcuni designerebbero lo stesso popolo mentre, secondo altri, i Sicani rappresenterebbero il sostrato pre indoeuropeo su cui si sovrapposero gli indoeuropei Siculi. L'importanza di questi Siculi-Sicani andò scemando quando nell'isola sbarcarono a Ovest i coloni cartaginesi, che cominciarono ad insediarsi a Solunto, Mozia, Panormo, e a Est i coloni greci. Fra questi i Calcidesi fondarono fra il sec. VIII e il sec. VI a. C. Leontini, Catania e Zancle; Corinto fondò Siracusa; Cretesi e Radi fondarono Gela, e questa a sua volta fondò Agrigento, l'ultima delle grandi colonie.

in tal modo la Sicilia diventava il centro della grecità in Occidente, e pertanto la sua storia non poteva non svolgersi sotto l'influsso degli avvenimenti della madrepatria. Come la Grecia, anche la Sicilia greca non ebbe una storia unitaria, seppure si possono agevolmente tracciare alcune linee principali, in primo luogo la lotta per l'indipendenza sia contro i tentativi provenienti dalla madrepatria, sia contro i Cartaginesi, che tendevano ad allargare i loro domini. Questa lotta fu guidata e sostenuta soprattutto da Siracusa, che verso la fine del sec. V seppe dapprima resistere a un poderoso tentativo d'invasione da parte degli Ateniesi e poi, divenuta più violenta la minaccia dei Cartaginesi, intraprese una lunga e durissima lotta sotto Dionisio, Timoleonte e Agatocle.

Questi, che fu tiranno di Siracusa dal 316 al 289, cercò anche, ma senza fortuna, di risolvere la guerra con uno sbarco in Africa, come di lì a qualche decina d'anni avrebbe fatto Attilio Regolo. Siamo giunti, infatti, alla vigilia della prima guerra punica, quando i Romani ritennero di dover tutelare l'Italia dall' espansionismo dei Cartaginesi che stavano per insediarsi a Messina, sull'altra parte dello stretto. La guerra si concluse con la cacciata dei Cartaginesi dalla Sicìlia, che diventò la prima provincia romana, e rimase poi sempre in tale condizione di sudditanza, assoggettata a un governatore mandato da Roma. Travagliata dai mali dell' economia latifondista, aggravati anche da rivolte di schiavi, la Sicilia cominciò a subire le invasioni barbariche nel sec. III, e nel sec. V la parte occidentale fu occupata dai Vandali.

Medioevo, età moderna e contemporanea. Compresa nel piano di riconquista dell'Occidente promosso da Giustiniano ed effettuato con le forze guidate da Belisario (sec. VI), la Sicìlia venne strappata ai Vandali e costituita in provincia bizantina, con capitale Siracusa, sotto il governo di uno stratega, subendo naturalmente in tale periodo l'influenza, soprattutto culturale, greca. Per breve tempo addirittura fu trasferita a Siracusa la capitale dell'impero orientale, sotto Costante II. All'interno del paese, periodicamente, insurrezioni militari indebolivano l'assetto politico realizzato, favorendo l'infiltrazione degli Arabi che in tal modo si affacciavano sulle sponde occidentale del Mediterraneo.

nell'827 gli Arabi potevano insediarsi nell'isola in permanenza conquistandola completamente nel corso di un secolo circa: la stessa Siracusa fu espugnata nell'878 e Taormina nel 902. Stabilitisi a Palermo già dall'831 con una dinastia vassalla degli emiri signori della sponda africana, ebbero dal 948 al 1040 una dinastia locale, i Kalbiti, dipendenti solo formalmente dai Fatimidi di Tunisia, che portarono l'isola ad alto livello di civiltà.

Frammentatosi il potere arabo in parziali signorie in lotta tra loro, entrò in scena l'elemento normanno chiamatovi proprio dalle opposte fazioni arabe in lotta e, tra il 1061 ed il 1091, i Normanni s'insignorirono di tutta risola: prima Ruggero, gran conte di Sicilia e Calabria, e poi il secondo Ruggero, re di e Puglia (1130), svolsero un'accorta politica di compenetrazione tra i vari elementi presenti nell'isola, quelli etnici non meno di quelli politici.

I successori non furono sempre all' altezza della situazione, ma già con Guglielmo II (1172-89), e ancor più con il matrimonio tra Enrico di Svevia e Costanza d'Altavilla che legava (1186) la casa imperiale sveva ai Normanni e al regno siciliano, la situazione si stabilizzò.

Autentico periodo di splendore ebbe il regno sotto Federico II, che lo inserì in una più vasta e impegnativa politica di portata mediterranea e lo portò a una vita culturale assai felice. La morte di Federico II (1250) segnò il tra collo per la Sicilia che, dopo la breve esperienza di Manfredi, conobbe la dominazione angioina, che spostò la capitale a Napoli. La successiva reazione siciliana condusse é i Vespri (1282) e all'inserimento nella lotta della potenza aragonese in funzione antiangioina: esaurito il conflitto con l'accordo di Caltabellotta (1302), che prevedeva un regno di Trinacria affidato a Federico III d'Aragona fino alla sua morte, tale costruzione mostrò la sua fragilità svuotandosi progressivamente di senso e determinando l'incorporazione della nei domini della corona aragonese.

La Sicìlia veniva così privata della sua autonomia (1412): solo per poco tempo Alfonso il Magnanimo riunì i due tronconi del regno normanno in regno di citra et ultra Phamm (1442), ma alla sua morte (1458) la divisione si riattuò; ai primi del Cinquecento anche la Sicilia come gran parte d'Italia cadde sotto il dominio spagnolo. Il dominio spagnolo tolse ogni autorità al parlamento regionale e introdusse il tribunale dell'Inquisizione, provvedimenti gravi, bilanciati solo in parte dalla repressione del brigantaggio e delle contese baronali.

Il sec. XVII vide perciò numerose violente rivolte antispagnole (Palermo, 1647; Messina, 1674), fomentate dalla Francia. Sconfitta la Spagna, la andò a Vittorio Amedeo II di Savoia (1712-18), poi all'Austria (1718-34); conquistata infine da Carlo di Borbone (1734), affidata al governo di un viceré, la Sicìlia mantenne una certa autonomia da Napoli, finché non fu attuato l'accentramento completo.

Dal 1781 al 1786 fu viceré D. Caraccialo, che abolì l'Inquisizione e attuò riforme antibaronali, trascurate poi dal suo successore. Fu sede della corte borbonica durante la dominazione francese (1799-1802; 1806-15). Ritornato sul trono nel 1815, Ferdinando IV tolse alla tutte le sue tradizionali autonomie: questo fu il motivo per cui, nel luglio 1820, scoppiava nell'isola, in concomitanza con quello napoletano, un moto che venne però soffocato dagli stessi liberali napoletani con un esercito comandato dal generale (più tardi starico) Pietro Colletta.

Il 12 genn. 1848, prima di tutte le altre rivoluzioni europee, scoppiava in Sicilia un moto, ancora animato dallo spirito di indipendenza isolana, che dichiarò decaduto Ferdinando II di Borbone e si scelse un nuova re in Alberto Amedeo, duca di Genova e figlia di Carlo Alberto. Con il trionfare della reazione in Europa anche la ricadde (1849) sotto il Borbone, e l'esperienza servì a far intendere ai patrioti che bisognava legare le sorti dell'isola a quelle del resto d'Italia.

Lo scoppio di una rivolta nell'aprile 1860 persuase Garibaldi a caldeggiare la spedizione dei Mille, che liberava l'isola con una campagna assai più rapida del previsto, grazie alle vittorie di Calatafimi (15 maggio) e Milazzo (20 luglio) e la conquista di Palermo (27 maggio).

Cavour, per evitare il ritorno a tendenze autonomistiche, faceva votare subita l'annessione al Piemonte; alla struttura ancora semifeudale dell'isola veniva così a sovrapporsi un ordinamento borghese e accentrato, di cui più di tutti ebbero a soffrire i ceti popolari, che alimentarono, negli anni successivi, quel brigantaggio crudelmente represso dal governo della destra che dovette anche fronteggiare, nel 1866, la grave rivolta di Palermo, rimasta in mano agli insorti per una intera settimana.

La situazione non migliorò nei decenni successivi (a ciò è dovuto in buona parte il fenomeno della mafia) e ciò spiega perché, nell'ultimo decennio del secolo, la propaganda socialista trovasse facile eco nelle classi popolari, che dettero origine a quei Fasci Siciliani, sciolti e perseguitati dal Crispi (1894). Anche nel decennio giolittiano il protezionismo industriale giocò contro gli interessi quasi esclusivamente agricoli della Sicìlia, che dette notevoli contingenti di fanterie contadine alla prima guerra mondiale; ciò spiega le frequenti occupazioni di terre che si verificarono nel dopoguerra.

Il fascismo non riuscì a risolvere nessuno dei gravi e antichi problemi dell'isola che subì gravi danni, nella seconda guerra mondiale per i bombardamenti e per lo sbarco alleato del luglio 1943.

nel dopoguerra si riaffacciava l'antica tendenza all'autonomia con un movimento separatista in buona parte sostenuto da latifondisti timorosi di riforme agrarie, che si venne però progressivamente illanguidendo, anche e soprattutto per la costituzione, nel 1948, della Regione siciliana

Dialetti. I dialetti della Sicilia appartengono al gruppo salentino-calabro-siculo dei dialetti italiani centromeridionale, i cui principali caratteri comuni sono: l'assenza delle vocali indistinte, la riduzione di e chiusa "e, ì lat." e o chiusa "o, u" rispettivamente a i e u (p. es., vina)